La domiciliazione legale può essere definita rapporto tra colleghi, unico nel suo genere; infatti in tutti gli altri tipi di professioni non è stato previsto un rapporto simile di collaborazione.
Nel caso in cui all’avvocato venga affidato un mandato da un cliente in un foro (giudice di pace, tribunale) diverso da quello di appartenenza il professionista ha due possibilità:
- Occuparsi personalmente della causa, quindi raggiungere il tribunale, chiedendo al cliente oltre alle spese per il giudizio anche quelle di viaggio.
Il rapporto tra cliente e avvocato è qualificato come un negozio giuridico bilaterale, le prestazioni tra avvocato e cliente si definiscono corrispettive e quindi l’avvocato, in virtù del mandato ricevuto, è obbligato a compiere la prestazione d’opera intellettuale.
Quindi in virtù del rapporto personale, basato quindi sulla fiducia personale l’avvocato, può decidere insieme al cliente se andare personalmente in udienza e quindi non affidarsi a nessun domiciliatario caricando sul cliente le eventuali spese di viaggio, di albergo, pasti bevande oltre a richiedere allo stesso un compenso più alto per il tempo perso nell’affrontare il viaggio.
Questa, comunque, rimane una possibilità in quanto ci sono dei clienti che hanno l’esigenza di affidarsi ad un unico professionista per far tutelare i propri interessi.
- L’avvocato, sempre in accordo con il suo cliente, potrebbe anche decidere nel caso in cui la causa sia su un foro diverso rispetto a quello di appartenenza dell’avvocato, affidarsi ad un altro avvocato che ha il foro del suo studio nel tribunale o giudice di pace dove dovrà essere fatta la causa.
Nel caso in cui l’avvocato che abbia ricevuto il mandato si affidi ad un avvocato domiciliatario risponderà comunque lui della causa difronte al cliente.
Nel caso in cui l’avvocato si affidi al domiciliatario per la gestione della causa risponderà nei confronti di quest’ultimo del fondo spese (il domiciliatario è tenuto a chiedere al dominus della causa tutte le spese che dovrà sostenere per la gestione della causa, non certo al cliente del dominus della causa cliente, infatti il domiciliatario nella maggior parte dei casi non ha nessun tipo di rapporto con il cliente dell’avvocato dominus della causa.
L’avvocato dominus della causa potrebbe affidare al domiciliatario in nome e per suo vari tipi di adempimenti come:
- una semplice fotocopia;
- una sostituzione in una udienza;
- stesura dell’atto;
- l’attività “materiale” in tribunale, facendolo diventare un sostituto vero e proprio.
Come calcolare il compenso del legale domiciliatario?
Dopo la decisione del legislatore di liberalizzare la pattuizione del compenso, senza vincoli di prezzo imposti dall’alto nello scenario attuale si presenta questa situazione:
- avvocato e cliente quindi possono pattuire compensi anche superiori ai massimi tariffari ma persiste l’obbligo di pattuire preventivamente il compenso in una moral suasion, stabilendo che esso è pattuito di regolaper iscritto; prevede le possibili modalità di pattuizione, inserendo quella a percentuale sul valore dell’affare; ma proibisce, ripristinando il divieto del patto di quota lite il compenso legato al risultato;
- l’avvocato ha l’obbligo di fornire al suo cliente, una chiara informazione sui costi prevedibili, rendendo obbligatorio il preventivo solo a richiesta del cliente;
- se il compenso tra avvocato e cliente è pattuito, esso può andare al ribasso senza alcun limite, nè quello sopra indicato né quello del decoro.
Non è sempre facile calcolare il compenso da corrispondere al domiciliatario:
Le riforme delle professioni avvenute fino al 2012, avevano in un solo colpo abolito sistema delle tariffe, mettendo in primo piano il criterio della definizione convenzionale del compenso dell’avvocato.
Il lavoro dell’avvocato era rientrato nel sistema della libera concorrenza.
Nel 2018 c’è stato un cambiamento ma solo nei confronti delle grandi imprese e pubbliche amministrazioni.
Infatti il lavoro dell’avvocato prima di essere un’attività economica è un lavoro. Essendo considerato un lavoro, quindi degno di tutela rientra a norma dell’art. 36 Cost.
Il 27 aprile del 2018 sono stati fissati dei minimi inderogabili nella liquidazione giudiziale del compenso degli avvocati.
E’ stato quindi introdotto il principio dell’obbligatorietà di un “equo compenso” per gli avvocati.
L’equo compenso è stato introdotto con riferimento ad alcuni contraenti considerati forti:
- le grandi imprese
- le pubbliche amministrazioni
Con la reintroduzione di un criterio di compenso minimo inderogabile, viene applicato anche agli avvocati l’art. 36 della Costituzione: “il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro”.
Per la legge n. 81 sul lavoro autonomo, in particolare, lo svolgimento di attività professionali, quali quella dell’avvocato, è una delle forme attraverso le quali si manifesta il lavoro tutelato ai sensi dell’articolo citato della Costituzione, e non dove si estrinseca l’iniziativa economica di cui art. 41 della legge fondamentale.
In questo articolo vi aiuteremo a calcolare la parcella del domiciliatario cercando di attenerci alle regole generali previste dal consiglio nazionale forense:
- Il compenso dell’avvocato domiciliatario va effettuato forfettariamente in base al valore della pratica;
- non può essere inferiore al 20% dell’importo che il codice di procedura civile prevede per le fasi processuali di cui si è occupato: per preventivare la notula del domiciliatario è necessario conoscere il valore della controversia che gli si vuole affidare, in modo da determinare lo scaglione di valore che gli compete.
A chi spetta pagare i compensi dell’avvocato domiciliatario?
Secondo quanto previsto dalla Suprema Corte: “Si deve innanzitutto stabilire da chi provenga il mandato di patrocinio:
- Se proviene stessa parte rappresentata in giudizio.
- Se proviene da altro soggetto che abbia perciò assunto a proprio carico l’obbligo del compenso”.
In pratica se l’avvocato dominus della pratica sua “convenienza” e scelta, ad optare per un collega, allora il pagamento della parcella del domiciliatario compete a lui; in caso contrario, spetta al cliente.
La professionalità del domiciliatario da chi è garantita?
Se il domiciliatario è stato “assunto” direttamente dal cliente è il domiciliatario stesso a rispondere di eventuali omissioni e colpe
Se non ha ricevuto il mandato direttamente dal cliente, ma dall’avvocato dominus della causa il dominus è responsabile.
In estrema sintesi se un avvocato si avvale di un domiciliatario che si limita solo a compiere atti per suo nome o per suo conto lo stesso risulta essere responsabile, nei confronti del cliente, sia per gli errori professionali che potrebbe compiere nell’esercizio della sua attività, ma anche per gli errori che potrebbe compiere qualsiasi suo collaboratore o avvocato domiciliatario.
Non sono poi così rari i casi in cui avvocati sono stati condannati per inadempienze dei domiciliatari.
L’avvocato dominus della causa risulta esente da colpa professionale:
- nel caso in cui riesca dimostrare, che l’inadempienza fatta dal domiciliatario o dal suo collaboratore non ha comunque determinato la perdita della causa;
- che la causa in questione non sarebbe comunque stata vinta anche in caso di condotta professionale ineccepibile.
Il cliente su chi deve rivalersi in caso di inadempienze.
Dipende a chi ha affidato il mandato a conclamata, infatti la responsabilità dell’avvocato non implica automaticamente un risarcimento. La responsabilità dell’avvocato è prevista in alcuni casi.